Vorrei dei biscotti

Elisa Longo

Mentre cerco soluzioni globali mi sono mangiata la scatoletta di tonno ferma in cantina da tre anni, ma vorrei dei biscotti.
Ho cercato di limitarmi al necessario, di tirare avanti i giorni. Mi ero permessa di snobbare la scatoletta di tonno in cantina da tre anni perché poco ecologica; era contro quei principi comodi che mi erano concessi, dall’uscire per andare a lavorare e dare giudizi sull’operato di altri, e dalla libertà di sapere cosa indossare la mattina per sembrare una professionista solida, una a cui potresti fare una confidenza o anche solo abbastanza affabile perché non ti rifili una conversazione noiosa davanti a un caffè. Ho mangiato la scatoletta di tonno l’altra sera mentre cercavo di capire quando mi arriveranno i 600 euro dallo Stato. Non mi è sembrata superflua e si è accompagnata all’austerità dell’oggi.
Ho notato che i completi giacca-camicetta-gonna non convincono più dall’altro lato della telecamera, non so se sia perché il Capoufficio si ostina a programmare appuntamenti che si spostano da marzo, a giugno, a settembre, o perché tiene la figlia in braccio mentre lavora perchè non canti “Dance Monkey” e lo capisco, quando i miei figli erano piccoli cantavano “Il Pulcino Pio” , ma lo facevamo insieme, lungo la strada che porta al mare: gli occhi su tutto quel blu rendono tollerabile ogni cosa. “Dance for me, dance for me, ohh ohh”, sembra impossibile tra pareti color tortora in 45mq di periferia nord-ovest Milano.

Lavoro aprendo infinite finestre sul web e dimenticando da dove sono partita per le ricerche. Però riesco a individuare con lucidità le previsioni statistiche da 0,6% di contagiosità, o almeno così è nella mia testa. È come se fossi centrata tutta in un punto di qualche ansa celebrale e quella funziona molto bene.I bilanci generici invece mi sgusciano dalle mani come saponette. Ho riordinato gli armadi, ho fatto spazio, ma non ho ancora capito se devo buttare quel vestito bianco che mi entra, ma che ha un bordo di pelle scucito o se manca qualcosa. Boh, forse un capo nuovo colorato che entri a gamba tesa su questa primavera non ancora schiusa: intanto l’erba si è mangiata il tavolo da pic nic dell’area giochi, le panchine e anche i fili di plastica rossi e bianchi che impacchettano un tempo in cui non ci si può dondolare sulle altalene, ma in cui noi oscilliamo lo stesso come pendoli accelerati.

La verità è che ho tutto dentro casa, ma vorrei una scatola di biscotti troppo in alto e che non riesco a raggiungere. La verità è che adesso ho messo a fuoco la qualità dei biscotti che vorrei, la marca, ne sento il gusto sotto la lingua e so dove li vendono. Sarà che ho il cervello in fissa sullo 0,6%, un necessario che ora mi sembra superfluo. Il mio orizzonte si è spostato al pari dei mobili che ho rigirato nella stanza per cambiare un po’. Del vecchio è rimasto solo un alone sull’imbiancatura del muro che non ricostruisce ricordi solidi, nemmeno se mi sforzo e chiudo gli occhi.