Molto è cambiato
Gianluigi Gherzi
Molto è cambiata la vita nella mia casa, da quando è scoppiata l’emergenza.
Il centro è diventato il computer della mia compagna, attraverso il quale è possibile fare le video-conferenze, vedendosi tutti, vedendosi bene.
E il momento in cui si vedono apparire non solo le persone care, o il singolo amico, ma i gruppi cui fai riferimento, è un momento molto importante. Forse il più importante della giornata.
Nella mia vita prima dell’emergenza a volte le riunioni erano sì una cosa importante, ma, a volte anche faticosa, a volte anche qualcosa di cui avrei fatto volentieri a meno.
Ma l’emergenza ha cambiato, ha ripulito tutto. Adesso è nato un struggente desiderio di contatto. Di condividere le passioni. Di non rinunciare a sognare insieme. a inventare progetti. Una fame di vicinanza, che prima non avevo mai sentita così forte.
Siamo isolati e separati fisicamente. Non più strette di mano, né abbracci, né baci tra di noi.
In teatro si dice, quando un gesto un attore è meglio che non lo faccia esplicitamente, mantieni l’intenzione. Pensa che lo stai facendo, quel gesto, ma non farlo. E io, in molti contatti che avvengono sullo schermo, sento che si mantiene l’intenzione. Che a modo nostro, attraverso quello schermo, cominciamo a mandarci strette di mano, abbracci e baci.
Perché il desiderio di contatto è ritornato fortissimo in noi. Ci si guarda sognando il momento in cui quel contatto potrà diventare reale. E si sogna quel contatto come un contatto nuovo, che cercherà di non essere soffocato più dalla fatica, dall’abitudine, dalle burocrazie, dei doveri, della routine.
Siamo diventati più buoni? Non so. Ma, quasi sempre, più sensibili, più esposti, quello sì. La fragilità che una volta sembrava appartenere solo a certe persone, a certe categorie, adesso appartiene a tutti noi. Lo sentiamo. Quando ci chiediamo “come va”, molte volte, diversamente dal passato, ce lo stiamo chiedendo veramente. Perché siamo fragili, tutti. Siamo in emergenza, tutti.
Fragili e in emergenza, e lo saremo anche in futuro, quando questa crisi toccherà (o forse sta già toccando), l’economia, la forma della vita, la possibilità di lavorare, di fare un lavoro dignitoso.
Proveremo a salvarci da soli? Forse. Saremo in competizione tra di noi? Forse. Oppure no. Forse dalla coscienza della comune fragilità, nasceranno nuove visioni, nuove forme dell’agire insieme. Un sogno? Sì, un sogno di sopravvivenza. Di vivere sopra e contro la miseria, l’aridità, l’individualismo.
Forse cambierà anche il modo di guardarci tra di noi. Tra “italiani” e migranti. Non scompariranno le diversità, per fortuna. Ma saranno anche più chiari i temi e le difficoltà che ci uniscono,
Si dovrà sempre continuare vedere e a rispettare la diversità, ma anche saranno sempre più chiari i temi e le difficoltà che invece ci uniscono, che ci impediranno di tornare all’orribile divisione tra “noi italiani, europei, bianchi” e “voi migranti, di colore, che venite da altri continenti”
Intanto, nelle nostre case, viviamo questo tempo, questo pezzo di realtà. che ci tocca vivere. Tanto dolore, tanta fatica, tanta solitudine.
Ma anche sentimenti che si rinnovano, dentro l’emergenza. In passato il più delle volte ci si chiedeva: come ti senti? Uno rispondeva normalmente con frasi standard: bene, male, così così, affaticato, stanco, rilassato. Adesso per me la domanda più importante non è più “come ti senti”, ma “cosa senti?” Cosa senti in questo periodo di massima confusione, in cui è cambiato tutto?
Forse, all’interno di tutto questo dolore, assistiamo ai primi accenni del nascere di un alfabeto nuovo. Dentro quell’alfabeto che forse sta nascendo, io metto una parola: gentilezza. Gentilezza dei rapporti. Non è una parola scontata, veniamo da anni dove la gentilezza è stata schiacciata dalla ferocia, dall’odio, dal rancore.
Questi ragionamenti li faccio spesso davanti a quello schermo di computer, o di cellulare. Che sono diventati per me gli oggetti più importanti. Le occupazioni decisive. Perché oggi, a modo loro, sono ponte. Ponte verso il fuori che ci aspetta e in cui presto ci incontreremo.