In equilibrio

Silvia Baldini

A casa mia abitiamo in tre, io, mia madre e mio figlio di 11 anni. Abbiamo una camera, un bagno, un soggiorno e un cucinino che serve solo per cucinare. Stavamo spesso fuori, tutti e tre in casa quasi solo per dormire. Io per lavorare avevo a disposizione il tavolo della sala. In questi giorni sono confinata in camera, sul letto…poi per sopravvivere senza mal di schiena mi sono inventata una scrivania, ho sovrapposto degli scatoloni e ci ho messo in cima il computer, continuo a essere confinata in camera ma almeno mi sono evoluta, basta letto!!!

Adesso mangiamo sempre insieme, bello. Però non abbiamo più momenti privati, prima ognuno di noi godeva di un tempo proprio a casa, ora no. Il soggiorno è diventato anche il campo giochi e lo spazio palestra. Il cucinino rimane il regno di mia madre, che in questi tempi cucina come se non ci fosse un domani. Il bagno è diventato anche sala lettura. Stiamo progettando in anticamera di allestire un mercato, il mercato più piccolo di Lambrate, ci piaceva andare al mercato, il sabato quando io non lavoravo…

Di notte aspetto che tutti dormano. Mio figlio nel letto e mia madre davanti alla televisione. Poi mi siedo alla finestra del cucinino, bevo una tisana e leggo. L’altro lusso di solitudine è fare la doccia. Adoro l’acqua calda o fredda che mi cola addosso, il rumore nelle orecchie. E poi pluriball, l’ha inventato mio figlio Miro. Gli lancio in successione 5 palline di gomma piuma, di quelle piccole, lui le calcia a ripetizione, facendomi goal, la porta è una sedia, lo spazio è stretto e io rischio di perdere una caviglia per un calcio di Miro, però lui ride e io mi sento bene. Il cortile non ce l’abbiamo, c’è uno spazio spazzatura, a volte giochiamo lì o corriamo sul posto sul pianerottolo. L’altro giorno guardavamo giù dal balcone, i cani per strada, Miro ha sospirato e mi ha detto: desidero essere un cane. Ho pensato che lui desidera, non si incazza, non insulta, non odia, lui desidera. Desidera una cosa del cazzo, perché che un bambino di 11 anni dica che vuole essere un cane per uscire è proprio un desiderio del cazzo, però desidera, ed è già tanto. Poi giro lo sguardo e vedo un palazzo vicino al nostro. Lo hanno impacchettato per lavori prima che succedesse tutto e poi è rimasto così. Sono impacchettati su tutti i lati… c’è sempre qualcuno che sta peggio, noi italiani però siamo i re e le regine della lamentazione. Allora respiro e desidero, come fa mio figlio.

Desidero, desidero, desidero amici… e via: cellulare, computer, computer, cellulare, skype, zoom, hangouts, whatsapp… gli occhi si sono fatti a quadratino. Però ho la fortuna di avere un balcone e quando c’è il sole me ne sto lì a chiamare. Dal balcone non ne riesco a vedere nessuno degli amici, anche quelli più vicini, ci sono i palazzi di mezzo… ma quando dormo li sogno, gli amici e l’uomo a cui voglio bene, lui adesso è in Brasile, di solito torna a maggio, ieri mi ha chiamata, quest’anno non potrà tornare. Quando dormo sogno di fare cose con i miei amici, quando mi sveglio un po’ sto bene un po’ sento una fitta… forse se mi esercito riuscirò a incontrare in sogno Antonella per bere un caffè proprio mentre lei sogna di incontrare me, oppure Francesca per raccontarle di Miro mentre lei sta sognando di raccontarmi di sua madre o Gigi per dirgli che cosa sto leggendo mentre lui sogna di leggermi Dante…

Il resto del tempo lavoro. A me sembra più di prima. Che prima lavoravo tanto, ma il lavoro era fatto di incontrare persone, spostarsi in città diverse, fare tardi la notte. A me il mio lavoro piace e molto. Adesso al massimo vado a fare la spesa o sul balcone, e parlo con chi si affaccia al balcone di fianco, bè lo facevo anche prima, adesso però mi rispondono. Bello eh…eh no che cazzo perché non mi fregate con questa storia che ne usciremo tutti migliori…ce lo diciamo perché fa già abbastanza paura ammalarsi, morire, stare da soli, almeno giù a dirci che poi sarà meglio. Che fino a ieri degli alberi, della natura e pure del vicino di casa ce ne fregava zero. Adesso ci accorgiamo del casino che abbiamo fatto, ci emozioniamo per i daini lungo le vie, ma continuiamo a incazzarci con la vicina, che quella è già uscita a fare la spesa due volte la stronza! Poi che la stronza a casa magari ha uno che la mena, pazienza, non lo sapevamo prima e tantomeno ce lo chiediamo adesso. Io non so se tutto poi sarà migliore, mica ne sono tanto sicura. Intanto guardo e vedo…vedo la compagna di mio figlio che in videocall non c’è perché non hanno il pc in casa, vedo la mia allieva, quella bella del liceo, con gli occhi truccati, non si trucca più, ha le occhiaie, la madre l’ha sbattuta fuori di casa perché lavora e chissà che malattie porti a casa, vai da tuo padre. Il padre però ha una nuova compagna e lei si sente di troppo. Vedo sotto casa mia di notte un senzatetto, a volte piange e urla: ma dove siete andati tutti? Vedo anche la sporta sospesa con dentro pacchi di cibo e la scritta chi può lascia chi ha bisogno prende…vedo quello che vedevo prima, solo a tinte più forti. Vedo e faccio. Faccio tutto quello che riesco, faccio il giocoliere perché questa situazione sia il meno angosciante possibile per mio figlio, faccio perché mia madre 75 enne sopravviva indenne di corpo ma anche di testa, faccio perché a star ferma mi sento morire, faccio sostengo agli allievi che si sentono in gabbia, faccio il giro i compiti a chi se li perde fra 750 mail, faccio telefonate a tutti gli amici…faccio, perché oggi per me fare è come andare, che è quello che mi manca, mi mancano i corpi, i rumori, l’andare. L’altro giorno con un’amica che abita nel mio quartiere, ci siamo date un appuntamento clandestino dal panettiere a ritirare la spesa, ci sono arrivata piano, passo dopo passo, a distanza ci siamo guardate attraverso la mascherina, come 2 amanti, ci veniva da piangere, che bello era vedersi non attraverso lo schermo del pc! Vedo, faccio, mi incazzo, desidero e la notte cullo, cullo me e il mio struggimento di pelle contro pelle, di odori respirati a polmoni pieni, di baci quelli leggeri e quelli rubati.