Come gocce

WuDI

Mi chiamo WuDi, e vivo in Italia da dieci anni. Ho passato dei bellissimi momenti da studentessa
universitaria a Roma, negli ultimi anni ho fatto la spola tra Cina e Italia. All’inizio, l’italia era per me
un caleidoscopio magico: ho scoperto tante cose che mi hanno fatto brillare gli occhi, ma
essendo una figlia unica, con i genitori in Cina, non ho mai pensato di rimanere in questa terra.
Però ho incontrato un ragazzo: il suo sorriso era come il sole del mediterraneo. Quel ragazzo è poi
diventato mio marito e l’Italia ha smesso di essere un alloggio temporaneo ed è diventata la mia
seconda patria. Ma per tanto tempo sentivo di non avere radici da nessuna parte, sia in Cina sia
in Italia. Un giorno ho scoperto di avere una patologia grave e ho dovuto fermare la vita a
vagabonda e iniziare una cura lunga e dura. In quel momento la penisola mi ha accolta con le
braccia aperte. Mi sono fidata completamente, ancora non so spiegare il perché. Tutte le persone
che mi hanno aiutato, nel percorso curativo ,hanno lasciato tante belle tracce nella mia vita. Con
tutto il loro incoraggiamento ho preso la forza per ricominciare a vivere.
A gennaio del 2020 è scoppiata la pandemia in Cina, c’erano ancora pochi casi e la prima cosa
che mi hanno detto i miei è stata quella di non tornare in Cina per il Capodanno cinese…ho
dovuto anche rinunciare anche al viaggio di Pasqua. Le notizie che sono arrivate da Wuhan ci
hanno fatto capire la situazione era grave. Passavo ogni giornata con la preoccupazione per i
genitori e gli amici di oltre oceano. Con degli amici cinesi abbiamo anche cercato di fare la
donazione di mascherine. Nessuno si aspettava che il virus in realtà era già entrato in Italia, si è
diffuso velocemente. Alla fine ci siamo trovati chiusi a casa, come i cinesi alcuni mesi prima.
Io e il mio marito viviamo in una casa d’affitto zona Lodi-Brenta. Non conosciamo quasi nessuno
in quartiere. Come la maggiore parte delle persone della città grande, la vita si svolge tra il lavoro
e la famiglia o i locali e i social. Senza interessarci delle persone che vivono vicino a noi, come si
chiamano, come vivono, se stanno bene o non. Proprio durante il lockdown, alcuni di noi
iniziavano a guardarsi attorno. Dall’inizio di Marzo ho cominciato a preoccuparmi,perché quando
uscivo per fare la spesa o la passeggiata, vedevo poche persone che portavano le mascherine.
Soprattutto gli anziani,quasi nessuno. In farmacia dicono che, ormai da un mese ,non è arrivata
nessuna mascherina. C’erano anche i dibattiti se bisogna portare le mascherine o no, come e
quando. Ma in Cina portare le mascherine era già obbligatorio, tutti gli amici mi dicevano che
bisognava portarle. I numeri dei contagi salivano ogni giorno, le persone che passeggiavano sulla
strada avevano una angoscia e confusione, le capivo proprio da come si muovevano.
Dovevamo proteggersi, ma poi dovevamo cercare di proteggere gli altri. Certo, in quel tempo le
mascherine erano la cosa più difficile da trovare in giro. Però se le indossano solo poche persone
e la maggior parte sono giovani, la situazione non migliorerà presto. Una maschera non può
salvare la vita, ma è un messaggio importante per chi la porta e chi vede, cioè bisogna
proteggersi più possibile. È anche un segno per dire alle persone che non ci siamo dimenticati.
Non ho pensato molto, credevo che bisognasse fare qualcosa. Ho iniziato subito a cercare le
mascherine. Per fortuna,sono riuscita a comprarne centinaia dai miei compaesani. Da più di due
settimane non ho avvicinato nessuno a parte mio marito, e di salute mi sentivo bene. Con le mani
ben disinfestante e le bustine pulite ho fatto i piccoli pacchetti, con delle mascherine dentro.
Così partendo da una idea semplice ,sono uscita da casa con la massima protezione, per andare
a fermare i passanti. Prima di uscire, controllavo sempre le doppie mascherine, gli occhiali, i
vestiti e i guanti se stavano a posto. Avevo due cose in mano: un spruzzo con dentro il
disinfettante e una borsa di stoffa. Uscivo, passavo davanti il negozio di frutta, la macelleria, le
farmacie e i supermercati, camminavo velocemente… quando vedevo una persona di una certa
età in giro, senza la mascherina,mi avvicinavo un po’ e dicevo: “Sarà meglio che lei porta la
mascherina quando va a fare la spesa. Queste mascherine sono gratuite. Prenda pure.”
Quando le persone sono state fermate, erano sempre un po’ sorprese…. Ormai a Milano non
siamo più abituati di essere fermati dai estranei e ascoltarli….Un po’ per diffidenza, e anche
perché il tempo è così prezioso, bisogna usarlo per qualcosa ‘utile’. Per me era quasi stato
divertente a vedere le reazione delle persone. Potevo farmi capire solo con lo sguardo e il tono
della voce. La maggiore parte ha accettato l’offerta. Alcuni non riuscivano a fidarsi. Alcuni erano
indifferenti. Alcuni.. mi hanno commosso improvvisamente.
Quando incontravo le coppie era sempre più facile. Essendo insieme non avevano paura. Mi
ricordo che una coppia di circa 70 anni che ha accettato con il sorriso, dicendo grazie, che bella
idea. State attenti e mi raccomando. Rispondevo sorridendo con gli occhi.
Passando quasi sotto casa ho fermato una signora con i capelli rossi un po’ spettinata e un lungo
vestito tutta colorata, ha detto: Oh che brava tesoro, grazie! Poi avvicino la mano alla bocca per
mandarmi un bacio! Ho fatto subito due passi in dietro. Mamma mia, che paura. Però che bello
vedere una come lei con tanto buon umore per rispondere agli altri.
Vedevo un signore anziano sta attraversando la strada lentamente, poi ha preso le mascherine e
mi ha chiesto, ho la mia moglie a casa, posso portare un pacchetto per lei? Ha una voce gentile e
dolce, sempre che stava chiedendo un bel fiore per il suo amore.
Ho incontrato una signora un po’ distratta, ha accettato con piacere le mascherine. Guarda, gli
spiego come mi sono messa la mia mascherina io, bisogna coprire dal naso fino al mento. Lei,
penso, che per la prima volta della vita sua, imparava a mettere la mascherina. Grazie,grazie, ma
mi aiuti a metterla ? Ho detto, no, no signora, non ci possiamo avvicinare. Quella scena era così
divertente che ha messo di buon umore a un ragazzo accanto—con più di un metro di distanza.
L’incontro più difficile è stato fuori una porta condominiale. Ho disturbato un uomo che aveva una
cinquantina anni e stava leggendo un libro. “Perché devi venire a dirmi di portare le mascherine,
non ho bisogno! Ormai tutti parlano solo di queste cazzate.” Non mi aspettavo proprio questa
rabbia, cerco di calmarlo, “ Lei stia tranquilla, va bene, ha la libertà di scegliere.” Sembrava che
era sotto lo stress da tanto e non sapeva più come sfogare. Almeno era uno che aveva la sua idea
e non ha paura di esprimersi, penso.
La scena più triste è stata in un pomeriggio. Un signore molto anziano stava camminando
vacillando sulla strada deserta. Quando mi sono avvicinata, abbiamo dato una occhiata a una
targa di un negozio quasi contemporaneamente… Sopra c’era scritto: funerali e cremazione. Poi
lui non si è fermato, continuava a camminare. Mi sono avvicinata e cercavo di parlare con la voce
più sincera… penso che sia meglio che lei porta la mascherina. Lui scuote la testa e non si ferma.
Insistevo, guarda, sto distribuendo gratuitamente, quando lei va a fare la spesa bisogna metterla.
Lui continua a scuotere la testa dicendo: non mi serve. Non ho più insistito, perché davanti una
sensazione di una profonda delusione, mi sento impotente.
Sono passata diverse volte davanti ai supermercati. Una volta ho subito distribuito tutti pacchetti.
La fila era lunghissima e la maggiore parte sono anziani. Quei giorni spesso faceva freddo e il
cielo era grigio, nell’aria si sentiva la solitudine. Con le persone ogni volta ci guardavamo negli
occhi cercavo di dare qualcosa in più oltre le mascherine. Ma sapevo quello che potevo fare era
minuscolo, quasi inutile. La società andrà avanti a modo suo e non si ferma per la tristezza dei
individui. Una volta invece c’erano più giovani e la maggiore parte avevano le mascherine, quasi
nessuno volava accettare le mie mascherine, nel loro sguardo c’erano tante cose. Quei giorni,
c’erano tante critiche sui social, sulla Cina e sui cinesi. Poi ho capito che era solo un’inizio.
L’unica discussione è stata fuori una panetteria. Mentre facendo la fila, osservavo intorno. Ho
prima chiesto ad un uomo e ha rifiutato. Ha detto che non vuole portarla .Due persone dopo di
me, c’era una donna, lei ha preso con piacere facendo un commento, ah guarda questa cosa se
la dovessero fare gli italiani? Ora la sta facendo una cinese. Subito sento che tutti gli sguardi si
girano verso di me. Ho risposto, guarda signora, in questo momento non importa essere cinesi o
italiani, ognuno può fare quello che riesce per migliorare un po’ la situazione. Però purtroppo le
persone non mi hanno capito.. uno dice, ehi penso che i cinesi hanno tante mascherine, c’è un
negozio casalingo qua vicino molto grande. Ho dovuto spiegarmi.. signore, non vendo le
mascherine, queste ho comprato dai altri cinesi. Ma con il prezzo normale? Chiedono. No, con il
prezzo alto. Comunque, penso che nel quartiere bisogna aiutarsi. Così cercavo di chiudere questo
discorso. Certo cara, hai fatto bene, veramente grazie. Mi ha dato ragione quella carina signora
mentre metteva la mascherina prima di entrare alla panetteria.
E così con il pericolo di essere fermati dalla polizia, ho incontrato tante persone del quartiere—
con la distanza. Ho visto da social che ci sono le persone che hanno ricevuto le mascherine dai
loro vicini cinesi. Hanno trovato nelle cassette della posta o fuori la porta. Io invece sono stata tra
virgolette un po’ anormale. Perché volevo dire a voce alle persone l’importanza di proteggersi.
Volevo fargli notare che vivevamo nello stesso quartiere, e non eravamo in segregazione totale.
Quando mi dicevano ‘grazie’, mi è venuta a rispondere anche “grazie”. Certo, dalla mia parte
riuscivo a dare un aiuto minuscolo, ma da altra parte mi stavano dando una grande fiducia, che è
la cosa più preziosa in questo momento attuale. Perché La cosa più difficile da superare è sempre
la diffidenza. Anche se un giorno il coronavirus perderà il suo potere su essere umano, l’effetto
collaterale del decreto rimanerà dentro di tante persone. La vera crisi sarà la diffidenza pubblica,
le persone non si fidano e non fidano il governo. È facile dire agli altri che bisogna fidarsi, ma
prima di tutto bisogna sentirsi dentro di se e praticare questa idea sui azioni quotidiani, su ogni
rapporto, che è una allenamento infinito. Però se più persone praticano con la consapevolezza,
riusciamo andare avanti con più serenità.
Io sono stata male, so che significa soffrire per la malattia. Capisco bene quando le persone
davanti un disagio fisico-mentale quanta forza dovrà avere per riprendersi. Mi sono dovuta
fermare per tanto tempo, ma sono contenta di essersi fermata qui… a guardare, a capire tutti
legami tra me e questa terra. In Cina c’è questo famoso detto che dice “per un beneficio piccolo
come una goccia, contraccambieremo con una fonte d’acqua.” Mia madre mi diceva sempre di
avere la gratitudine anche quando uno non riesce dare tanto in ricambio. Ma bisogna essere
sempre consapevole ed avere un buon intenzione. Il fatto che mi ha salvato la vita questa terra, il
beneficio era già come una fonte.. e io un piccolo essere vivente, è come una goccia, con che
cosa potrò fare il contraccambio? Con le piccole gocce d’acqua..farle uscire un po’ alla volta.
Con ogni incontro, ogni sguardo e ogni carezza.